Un luogo di pace, quiete, arte e cultura, completamente immerso nella natura: questo è il colpo d’occhio che regala l’ex Monastero di Astino, una delle località più suggestive dell’intera provincia di Bergamo. Un luogo dove territorio e Monastero diventano un tutt’uno, al punto che il nome Astino viene utilizzato per indicare sia l’edificio che la valle. Il complesso domina la valle di Astino che fa parte del Parco Regionale dei Colli di Bergamo. Tutto intorno, colline, campi, vegetazione rigogliosa e boschi: un polmone verde in piena città. A due passi troviamo infatti il quartiere di Longuelo e alcune delle principali arterie stradali che congiungono il territorio bergamasco. Da Astino partono numerosi percorsi e semplici escursioni – ad esempio verso Città Alta o al Bosco dell’Allegrezza – che permettono di trascorrere momenti nel verde, alla scoperta di luoghi magici e ricchi di storia e bellezze.
Un po’ di storia di Astino
Il monastero di Astino fu fondato nel 1107 dai monaci Vallombrosani, mentre la chiesa annessa del Santo Sepolcro venne consacrata nel 1117. In breve tempo, le proprietà fondiarie del monastero si ampliarono notevolmente, tanto da spaziare fino all’alta Val Brembana e alla Val Seriana. A partire dal 1515, fu oggetto di una completa ricostruzione, che portò ad una progressiva demolizione delle strutture risalenti in parte all’epoca romanica e al XV secolo. Il ruolo religioso dell’edificio si mantenne fino al 1797, anno della sua soppressione. In seguito fu adibito a manicomio, poi ad abitazione e cascina. Recentemente è stato oggetto di un nuovo, imponente restauro che ha permesso di riscoprire la bellezza delle sue sale e il recupero di affreschi, celati sotto uno spesso strato bianco. Oggi, i suoi spazi, sono sede di numerosi eventi e mostre, momenti dedicati alla buona cucina, alla convivialità e – soprattutto – al tema della biodiversità.
La Valle della biodiversità
Il Consiglio d’Europa ha conferito alla Valle di Astino il “Premio Paesaggio d’Europa 2021 – Landscape Award of the Council of Europe”. Assegnato ogni due anni, premia le realtà che attuano politiche e misure relative alla salvaguardia e alla pianificazione dei paesaggi. Un riconoscimento importante a ricompensa del grandissimo lavoro di recupero e pianificazione del paesaggio della valle d’Astino iniziato nel 2007. Nel corso degli anni infatti, è stato promosso il recupero paesaggistico del patrimonio terriero all’insegna della biodiversità e delle coltivazioni biologiche. Un impegno che è andato di pari passo con il recupero del Monastero e delle cascine dell’area (Cascina Convento e Cascina Mulino) e dei sentieri. Sono stati inoltre previsti e realizzati percorsi didattici, iniziative culturali e di formazione, atte a restituire Astino e la sua Valle ai Bergamaschi.
La chiesa del Santo Sepolcro
Consacrata nel 1117, ha una pianta a croce “commissa”, a navata unica e con ampio transetto, tipica delle chiese vallombrosane. La sua struttura fu ampliata nel 1500 con la costruzione della Cappella del S. Sepolcro ad opera dell’abate Silvestro de’ Benedictis. Numerosi – a partire dal 1540 – gli interventi di ristrutturazione e di rinnovamento, con la realizzazione di nuovi spazi, come la sagrestia, il campanile e l’attuale profondo presbiterio, nonchè decorazioni e affreschi, oggi in parte recuperati. Tra questi ricordiamo quelli eseguiti dai pittori Cristoforo Baschenis il Vecchio e Giovan Battista Guarinoni. Tra gli artisti che caratterizzarono lo spazio si ricordano: Giuseppe Brina, Bernardo Sanz, Antonio Cifrondi e Andrea Pelli. Nel 1797 fu sancita la fine dell’utilizzo religioso dell’edificio e con il passare dei secoli, finì in stato di degrado e abbandono. Oggi la chiesa è stata interamente restaurata e restituita alla città e alla sua funzione religiosa nel 2013.
L’Ultima Cena
Protagonista indiscussa la grande, magnifica tela, realizzata nel 1582 dal pittore Alessandro Allori su commissione di don Calisto Solari, Abate del monastero Vallombrosano di Astino. Fu proprio l’Abate ad indicare il soggetto protagonista dell’opera, così da rispecchiare il luogo di collocazione finale, ovvero il Refettorio. Il pittore eseguì due identiche versioni dello stesso soggetto: la prima destinata proprio al monastero di Astino; la seconda per il monastero del Carmine a Firenze. Nel corso dei secoli, l’opera fu protagonista di diverse vicissitudini. Con la soppressione del Monastero e la confisca dei beni, fu collocata nel salone del municipio di Bergamo, in Città Alta. Nell’Ottocento trovò spazio all’interno del Palazzo della Ragione, dove rimase a lungo in condizioni di degrado e abbandono. Un recente, meticoloso, restauro ha riportato “L’Ultima Cena” al suo splendore originario e ne ha permesso la ricollocazione nel luogo per la quale fu commissionata: il Refettorio di Astino.
Il tema
Quello dell’ultima cena, è un tema ricorrente nelle opere decorative destinate ai refettori monastici e conventuali a partire dal XIV secolo. A caratterizzare l’opera dell’Allori, la scelta della scena che racconta – grazie all’importante utilizzo della simbologia – il dramma dei protagonisti, scaturito dall’annuncio del tradimento di Gesù. Il dipinto è caratterizzato dall’uso di colori brillanti e da una grande attenzione al dettaglio, che troviamo nella tavola imbandita, ricca di elementi simbolici e allegorie. Per la composizione iconografica, il pittore prese ispirazione dall’affresco dell’Ultima Cena di Andrea del Sarto, conservato nel Museo del Cenacolo, vicino alla chiesa di San Salvi a Firenze.
Un tema ricorrente
L’esempio più celebre è sicuramente “L’Ultima Cena” di Leonardo da Vinci, oggi considerato il dipinto murale forse più importante al mondo. Anche in provincia di Bergamo, il tema dell’ultima cena è stato più volte ripreso e ancora oggi ne conserviamo diverse testimonianze. Oltre al capolavoro di Allori infatti, possiamo ammirare questo soggetto nella Basilica di Santa Maria Maggiore (Anonimo, XIV secolo), nella Basilica di Sant’Alessandro in Colonna con l’opera di Gabriele Capellini detto il Calegarino, o nella Chiesa di San Michele al Pozzo Bianco con quella di Antonio Cifrondi. Nella Chiesa della Beata Vergine Immacolata e San Vittore troviamo il dipinto di Giovanni Battista e Giuseppe Epis mentre nella Chiesa di Sant’Alessandro della Croce quello di Francesco Zucco.
L’idea in più
Le festività pasquali sono alle porte e la primavera ci sta regalando giornate tiepide e soleggiate: perché non trascorrere qualche momento di spensieratezza nella natura di Astino oppure alla scoperta dei segreti dell’ex monastero, con una visita guidata allo splendido dipinto dell’Allori?
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Immagini tratte da: Fondazione Mia Astino